Caro uomo sbagliato,
ti scrivo da Padova, una piccola città del nord est che avrei voluto lasciare se tu fossi venuto a prendermi.

So che come incipit non è esattamente quello giusto, insomma, cheppalle, un’altra donna che aspetta un uomo per dare senso alla propria vita.
E invece no.
Ti scrivo solo per farti sapere cosa ti sei perso.

Ti ho aspettato verso i sedici anni, un’età in cui avresti proprio dovuto vedermi.
Innanzitutto perché ero più magra e poi perché ero molto tenera. Me ne andavo in giro con convinzioni che sapevano di pietre miliari sulle spalle. Avevo una mia opinione su tutto, ma in particolare sull’amore. Che esprimevo con dolcezza, non con saccenza. Ti ho aspettato a quell’età perché a quell’età ognuno di noi ha il dovere di imparare l’educazione affettiva e il diritto di perdersi dietro ad albe che sorprendano gli innamorati abbracciati.
Io ho solo imparato a dire di no agli sconosciuti che mi offrivano caramelle e a vedere la casella del Vuoi metterti con me? sbarrata sul No.
Insomma. Ha fatto male. Avresti potuto esserci e salvarmi.

A vent’anni ho imparato a dire io di no. Quindi se vogliamo, hai fatto bene a starmi lontano.
Ero in una fase in cui era molto chiaro che avrei dovuto salvarmi da sola, con tutte gli aggettivi del caso, come Indipendente, Cazzuta, Forte, Disinibita, Divertente.
Non te lo dirò mai quante volte, nel bilocale sui Navigli che dividevo con le amiche, ho pianto da sola, con i ricci affogati nel cuscino e una mano sulla bocca. Non te lo dirò, perché è giusto che non ti dia questa soddisfazione. Avresti potuto esserci e tenermi stretta, in quel mare di lacrime e promesse non mantenute.

Ma come dicevo, hai fatto bene a starmi lontano. Dovevo sperimentare, toccare, crescere, capire come rapportarmi con tutti quei bugiardi, artisti, scrocconi, merdosi che ho conosciuto.
(Anzi ne approfitto per scusarmi con te, Alessandro, ti ho trattato da schifo solo perché eri più carino degli altri. Cerca di capire, ero disorientata.)
Volevo solo lettere d’amore alle quali non credere.

A venticinque anni ti aspettavo sul serio.
Avevo imparato molte lezioni utili, come il Se vai a letto la prima sera con uno che ti piace aspettati che non ti richiami, troppo trucco non va bene, le gonne corte solo se hai i leggins, insomma molte cosa che mi avrebbero resa più attraente ai tuoi occhi.
Ero Determinata e Goliardica. Ironica e Lunatica. Ottimista e Instancabile.
Mascheravo insicurezze e smascheravo bugie.
Nascondevo intenzioni e mostravo pezzi di pelle.
Più stronza, mi avresti trovata. Ma se fossi arrivato prima, stronza probabilmente non lo sarei stata. Quindi è solo colpa tua.
Ti cercavo un po’ ovunque. Nelle discoteche, alle feste, su internet, nelle mani di sconosciuti.
Avevo fretta di trovarti. Non di sistemarmi. Semplicemente di smettere di cercare. Perché la caccia al tesoro è bella finché non inizia a piovere. E ormai l’acqua era entrata dalla cucina.Comunque tu continuavi a nasconderti.
Io allora ho preso un cane, ho fatto le valigie e ho viaggiato.
Mi sono persa tanto, a venticinque anni. Vedevo nell’ennesimo “Non innamorarti di me” la cosa più erotica del mondo, l’invito a tuffarmi in quel NON, perché sembrava un invito per donne coraggiose, e il coraggio non mi è mai mancato. Mi mancavano i ResteròCon i NON ci facevo amicizia.
I miei spigoli si sono accentuati, le mie sfumature si sono moltiplicate, ho affrontato la vita con la solita leggerezza curiosa di chi ha aspettato tanto.

Solo per dirti che non servi più.
Che ormai mi arrangio. Che vivo con me stessa in armonia. Che te ne puoi anche andare affanculo.
Ah. Un’altra cosa.
Ti sei perso tanto, peggio per te. Perché mentre cercavo te, come una cercatrice di tesori antichi, è arrivato qualcuno che ha preso il tuo posto.
L’uomo giusto, forse.

Non mi interessi più. Rimani nascosto.