Tra gli insulti che più mi fanno schifo, quelli basati sulla fisicità sono i peggiori, perché rendono difficile il diritto di replica.
“Taci che sei grassa”.
Come se i cuscinetti sui fianchi, oltre che coprire le ossa, annebbiassero i pensieri.

Sono una taglia 48/50. Più 50. E me ne sbatto le palle.
Da bambina ero magra, quindi mi sono stati risparmiati i commenti dei bulletti cretini.
Poi mi sono trasformata in un’adolescente in carne, ma avevo le tette e questo mi bastava.
Nel primo anno di Università sono ingrassata parecchio, complice la vita a Milano e un appartamento condiviso con la mia migliore amica, in cui la cosa più salutare di cui mi cibavo era la focaccia genovese con le olive.
L’anno dopo sono dimagrita un sacco e mi vedevo abbastanza bene. Avrei voluto perdere ancora più peso, mangiavo poco e male.
La cosa che mi colpiva, era che il mio successo con gli uomini non fosse aumentato rispetto a prima.
Mi ero raccontata che se non c’avevo la fila davanti a casa, era per colpa della cellulite.
Così, quando la taglia dei pantaloni divenne per me accettabile, aumentò la mia voglia di sentirmi desiderabile. Cosa che con mio disappunto, non avvenne.
Fu evidente che stessi sbagliando qualcosa.

Negli anni i chili persi sono tornati con gli interessi. Ho fatto sport, diete, ma il cibo per me ha sempre avuto una deliziosa attrattiva.
Poi un giorno ho deciso che era ora di fregarmene. Se ero troppo pigra per continuare con costanza a mangiare bene, non lo sarei stata nella ricerca dei vestiti che meglio si sarebbero adattati al mio corpo.
Non avrei smesso inoltre, di nutrire il mio cervello, la parte che ho sempre considerato più attraente in un essere umano.
Certo, sono a conoscenza che un culo tonico abbia il suo peso, perché ad argomentazioni sensate ma irreali come L’estetica non conta, non c’ho mai creduto molto.

Ho cercato quindi persone interessanti, divertenti e piacevoli allo sguardo, che non considerassero un numero su un jeans o su un reggiseno indispensabile, e c’è stata la svolta.
Quando ho capito che avrei potuto essere sexy anche con una taglia che da Zara era considerata illegale, le cose sono cambiate.
La sicurezza che sfoggiavo ha fatto sì che molte persone smettessero di guardare con diffidenza i centimetri della mia pancia.
Ad un certo punto gli uomini sono venuti da me. Con un certo entusiasmo.
Certo, ci sarebbero stati sempre maschi che mai mi avrebbero guardata, perché non rientravo nel target Se sei alta 1 metro e 80 e non c’hai la 40, devi morire, cicciona. .
D’altra parte la categoria Per me conta solo l’aspetto fisico, non mi è mai interessata, quindi va da sé che ci eliminavamo a vicenda. Poco male.

Oggi però è accaduto qualcosa di sgradevole.
Su Facebook è comparsa una foto di una bellissima ragazza in bikini, assolutamente normopeso, aggredita da un essere moralmente al pari della muffa sui muri, che l’ha accusata di fare schifo.
Giuro. “Fai schifo”, si legge nella seconda frase. E le altre 26 non sono da meno.

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Sono rimasta shoccata.
Per la cattiveria, l’accanimento, il bisogno spasmodico di far sentire una ventenne orrenda, la foga della rabbia che esplode come se si fosse trovato davanti a qualcuno colpevole di avergli sterminato la famiglia.
Poiché il nome è stato oscurato all’origine, io a costui, o a costei, scrivo qui.
“Mi dispiace per te.
Tralascio la ramanzina sull’educazione, sullo scempio di scrivere un commento del genere, mi trattengo nel darti due schiaffi morali per l’ignoranza che hai manifestato, non commento la tua cattiveria.
Mi dispiace perché indipendentemente dalla tua età non hai capito nulla. Non ti è chiaro che la ricerca della perfezione è dannosa.
Mi dispiace perché è palese che la rabbia che esprimi, la vorresti indirizzare verso te stesso/a.
Mi dispiace per te, che fai dell’estetica un focus necessario, come se la bellezza fosse un merito e non un dono che ci è stato fornito da un insieme di geni favorevoli.
Mi dispiace del livore che nutri verso il prossimo, perché alla lunga ti consumerà.
Mi dispiace che tu sia così povero di contenuti, da dover attaccare una persona sulla sua fisicità.
Mi dispiace che tu non abbia pensato per un secondo ai danni che le tue parole avrebbero potuto arrecare.
Quindi cara/o Anonima/o insulta me.
Tutti i miei riferimenti li trovi in alto, nella sezione “Contatti”. Scrivimi dicendo che con una taglia 50 faccio vomitare, che sono coraggiosa a mostrare la mia faccia al mondo, perché con queste cosce, non mi resta che nascondermi.
Dì a me che i leggins stanno di merda alle ragazze in sovrappeso.
Urla che il mio fidanzato dovrebbe provare imbarazzo nel fare l’amore con me.
Rivolgiti a me, Cara/o Anonima/o.
A me che ho un’età che mi rende capace di difendermi, una maturità per non lasciarmi scalfire da insulti vuoti e ignoranti.
Dì a me quelle cose che hai detto a lei.
E ti giuro che riceverai una risposta educata.
Prendiamoci un caffè. Lascia che ti spieghi che piccola persona sei.
Ti aspetto.
Non vedo l’ora che mi dimostri la grandezza delle tue palle. Perché dietro ad una tastiera, tutti i minuscoli uomini (o donne) ne sono capaci.
A presto.
MaryG.”

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